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DBT Therapy

Cos’è la DBT

La Dialectical Behaviour Therapy è  un trattamento di tipo cognitivo comportamentale sviluppato appositamente per il disturbo borderline di personalità.

Il modello della terapia dialettico comportamentale  prevede l’utilizzo di molte componenti della terapia cognitivo-comportamentale (gestione delle contingenze, l’esposizione, l’analisi comportamentale, il problem-solving)  e di abilità di mindfulness.

 

La DBT in poche parole

 

Talvolta nella vita quotidiana può capitare di sperimentare emozioni negative persistenti come rabbia, tristezza o ansia. Di fronte ad esse ci possiamo sentire vulnerabili ed incapaci di fronteggiarle o regolarle. Queste emozioni, a volte, vengono affrontate in modo controproducente attraverso dei comportamenti correttivi, ottenendo una sensazione di perdita di controllo.

 

Utilizzo anche nel trattamento dei disturbi alimentari

 

La gestione delle emozioni attraverso la sovralimentazione si chiama “emotional eating”.  A breve termine questa mitiga lo stato emotivo problematico, tuttavia la sua messa in atto tende ad essere seguita da altre emozioni dolorose come vergogna, colpa, rabbia o tristezza.

Se a breve termine la persona può sperimentare un miglioramento
dell’umore ed essere così indotta a riprodurre questi comportamenti problematici che, a lungo termine, costituiscono un fattore di mantenimento delproblema. Si genera così, tra emozioni negative ed emotional eating un vero e proprio circolo vizioso che contribuisce ad un peggioramento dell’umore, diminuisce
l’autostima e abbassa la qualità della vita.

 

Gli effetti della DBT

 

Sono stati dimostrati gli effetti positivi della terapia dialettico comportamentale anche per altri disturbi della personalità, disturbi dell’umore, abuso di sostanze, disturbi d’ansia e disturbo da stress post-traumatico.

È una terapia efficace per ridurre i comportamenti legati allo scarso controllo degli impulsi e migliora anche la tolleranza al disagio ed alla gestione delle emozioni intense.

I suoi effetti sono specificatamente mirati a ridurre il disagio, migliora l’autoregolazione emotiva, la stabilità affettiva e riduce i comportamenti autolesionistici o suicidi.

Insegnare La Mindfulness: Le Nuove Evidenze

A cura di Istituto Mente Corpo

Nel panorama della Mindfulness emerge chiaramente una sfida: se da un lato l’offerta di corsi cresce rapidamente, mentre la qualità di chi conduce le pratiche non riesce sempre a mantenere lo stesso ritmo. 

Per affrontare questo problema, nel tempo sono state elaborate linee guida internazionali (Kenny et al. 2020, Grifth et al. 2021) per assicurare programmi di formazione di alta qualità.

Tali linee guida includono:

  • un numero minimo di ore di formazione;
  • ritiri silenziosi regolari e obbligatori;
  • insegnamenti supervisionati;
  • sviluppo professionale continuo;
  • supervisione costante o mentorship.

1. Il primo studio sul tema 

La letteratura pregressa evidenzia l’importanza che l’insegnante incarni personalmente le qualità chiave della mindfulness (cosiddetto “Embodiment”) per garantire una trasmissione efficace e risultati positivi nei partecipanti (Khoury et al. 2017).

Gli insegnanti efficaci di mindfulness devono dunque possedere concretamente le qualità che intendono sviluppare nei loro studenti.

Un recente studio italiano (Matiz et al 2025) ha analizzato l’impatto del Corso per Istruttori di Mindfulness (CIM), organizzato dalla Scuola di Psicologia Cognitiva in collaborazione con l’Istituto Mente e Corpo e Federmindfulness, che si svolge annualmente presso l’Eremo di Monte Giove.

Il corso ha una durata di 9 mesi e prevede quattro ritiri residenziali di tre giorni ciascuno.

Ogni ritiro prevede almeno:

  • 16 ore di meditazione;
  • 5 ore di lezioni teoriche;
  • 4 ore di pratica supervisionata.

Lo studio, intitolato “Training for Mindfulness Teachers: Benefits for Mindfulness, Well-being, and Emotion Regulation” e pubblicato sulla rivista internazionale “Mindfulness”, è la prima analisi scientifica esistente degli effetti di un programma intensivo di formazione per insegnanti di mindfulness.

La metodologia dello studio ha previsto la somministrazione di questionari psicometrici:

  • A due gruppi simili per caratteristiche generali e punteggi comparabili nei test di personalità: un gruppo di trattamento (87 partecipanti al CIM) e un gruppo di controllo (63 persone non partecipanti);
  • In tre momenti diversi: all’inizio del percorso (T0), a metà percorso (T1) e a fine percorso (T2).

2. Oggetto di analisi e risultati

2.1 Abilità di Mindfulness

  • Questionario utilizzato: versione breve italiana del “Five Facet Mindfulness” (Bohlmeijer et al. 2011) che misura la consapevolezza e la presenza mentale attraverso cinque aspetti chiave, aiutando a comprendere quanto una persona sia attenta e non giudicante nel momento presente;
  • Risultati: i partecipanti al gruppo CIM hanno mostrato miglioramenti significativi rispetto al gruppo di controllo, specialmente negli aspetti di Osservare, Descrivere, Non reagire e Agire con consapevolezza.
  • Significato: questi miglioramenti confermano l’importanza di coltivare specifiche capacità di mindfulness nei programmi formativi.

2.2 Regolazione delle Emozioni

  • Questionario utilizzato: versione breve italiana dell'”Heidelberg Form for Emotion Regulation Strategies” (Izadpanah et al. 2019), che valuta come le persone gestiscono le proprie emozioni, identificando strategie utili (come l’accettazione) e meno utili (come la ruminazione);
  • Risultati: significativa diminuzione della ruminazione nel gruppo CIM rispetto al controllo;
  • Significato: questo risultato evidenzia il ruolo della mindfulness nel ridurre pensieri negativi e autocritici, sottolineando che gli istruttori devono sperimentare personalmente questi benefici durante la formazione per trasmetterli efficacemente.

2.3 Benessere Psicologico

  • Questionario utilizzato: versione italiana del “Psychological Well-being” (Ryff 1989) che, come abbiamo già spiegato in un altro articolo, misura il benessere psicologico attraverso sei dimensioni fondamentali per valutare quanto una persona si senta realizzata e in armonia con sé stessa;
  • Risultati: contrariamente al gruppo di controllo, il gruppo CIM ha mostrato miglioramenti significativi nel tempo in due dimensioni specifiche del Benessere: “Crescita personale” (ossia la percezione di un continuo sviluppo e miglioramento di sé) e “Scopo nella vita” (ossia la percezione di possedere obiettivi e di avere una direzione che dia senso alla propria vita);
  • Significato: come notano gli autori dello studio, “questo risultato è in linea con la letteratura esistente che collega la pratica della mindfulness a un miglioramento del benessere psicologico” (Khoury et al. 2015, Medina et al. 2017, Wai Chu e Mak 2019, Querstret et al. 2020).

3. Conclusioni

I risultati di questo studio confermano che l’embodiment, ossia la capacità degli insegnanti di mindfulness di incarnare personalmente le qualità della pratica – osservazione, descrizione, non giudizio e azione consapevole – è strettamente legato al loro benessere psicologico.

In altre parole:

  • L’embodiment non è soltanto un requisito tecnico, ma nasce e si alimenta da un processo interiore di crescita e di scoperta del senso della propria vita;
  • Questo suggerisce che i programmi di formazione per insegnanti dovrebbero integrare, in modo esplicito e sistematico, strategie per coltivare il benessere psicologico degli istruttori, poiché esso costituisce la radice stessa dell’efficacia pedagogica e della trasmissione autentica della mindfulness.

 


4. Bibliografia

Istituto Mente e Corpo

https://istitutomentecorpo.org/blog/item/148-insegnare-la-mindfulness-le-nuove-evidenze