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Protocollo MBCT: il ruolo del Mindfulness Clinical Therapist

Un rapido sguardo alla MBCT

 

La terapia cognitiva basata sulla mindfulness (o Mindfulness-based Cognitive Therapy, MBCT) è uno dei modelli di terapia di gruppo più diffusi per il trattamento della depressione maggiore. Sviluppata da Zindel Segal, Mark Williams e John Teasdale nel 2002, è un intervento specifico che mira alla riduzione dei sintomi depressivi e previene il rischio di una ricaduta.

Il protocollo MBCT può essere applicato a singoli o gruppi.

Nel caso di terapia di gruppo, ha una durata di 2 mesi e prevede 8 incontri di Mindfulness training di circa 2 ore l’uno. La terapia individuale, invece, prevede 8 incontri da 50 minuti ciascuno.

Secondo Segal, Williams e Teasdale, le persone che hanno sofferto di depressione hanno molte probabilità di innescare un circolo vizioso ruminativo di pensieri negativi e di avere una ricaduta depressiva; inoltre la MBCT risulta più efficace con i pazienti cronicizzati, che hanno avuto più di due episodi depressivi maggiori.

Obiettivo primario della terapia è aiutare i partecipanti delle sedute di gruppo a portare l’attenzione su pensieri, sensazioni ed emozioni negative, momento per momento, per poi cambiare il loro modo di relazionarsi con questi.

Lo scopo della terapia consiste, quindi, nel condurre il soggetto ad adottare un atteggiamento di apertura, curiosità e di accettazione verso il proprio vissuto piuttosto che un atteggiamento di evitamento e negazione. L’acquisizione delle abilità avviene grazie all’esperienza ed alla pratica costante, che deve continuare anche in maniera autonoma nella vita quotidiana.

 

Diventare Clinical Therapist della MBCT

 

Molti professionisti sono abituati ad apprendere teorie e tecniche acquisendo un’esperienza diretta delle stesse nella pratica clinica. Per quanto riguarda la mindfulness, però, i Mindfulness Clinical Therapist, oltre ad apprendere i concetti chiave della teoria, è fondamentale che scoprano alcune caratteristiche della meditazione con la pratica individuale, ovvero incarnando completamente l’approccio meditativo nella vita di tutti i giorni.

L’insegnante di mindfulness deve fungere da modello e deve saper comunicare un senso di unità e integrazione tra la sua esperienza di mindfulness ed i suoi rapporti personali con il mondo, offrendo la sua conoscenza e presenza in maniera vera e genuina al gruppo di lavoro.

Per incarnare questo approccio, insieme alla conoscenza del modello teorico, è opportuno che il terapeuta sia un operatore professionale della salute mentale, quindi che abbia alle spalle un percorso di Laurea in psicologia, oppure una formazione in psicoterapia e nella conduzione di gruppi. Infine sarebbe opportuno frequentare un programma qualificato di training professionale in terapia cognitiva basata sulla mindfulness (Training in Mindfulness-Based Cognitive Therapy MBCT), così da poter apprendere da professionisti esperti le metodologie di lavoro più corrette.

 

Perché è necessaria una formazione così approfondita?

Condurre un gruppo di lavoro di persone che hanno avuto numerosi episodi di depressione maggiore implica mettersi a confronto con pazienti che probabilmente avranno dubbi e riserve in merito alla pratica clinica, potrebbero aver perso fiducia ed avere poche aspettative riguardo all’efficacia della terapia proposta. Questo implica che l’istruttore debba essere in grado di dare risposte chiare e di aiutare concretamente il paziente, non basandosi solo ed esclusivamente su una mera conoscenza concettuale della mindfulness.

 

Il Ruolo del MBCT Clinical Therapist nella terapia di gruppo

 

Il Clinical Therapist si occupa della pianificazione delle sedute di terapia preparandole nei minimi dettagli: deve predisporre le schede da consegnare ai partecipanti, scegliere gli eventuali audio ed i testi da leggere, preparare il luogo della seduta, scrivere alla lavagna i temi che verranno affrontati durante la terapia. Ma non solo: deve prepararsi alla seduta lui stesso!

La preparazione ha lo scopo di “centrarsi e ristabilirsi in sé stessi”. La pratica costante della mindfulness deve essere un modo per osservare la natura dei propri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche. Questa consapevolezza però può essere raggiunta solo con un impegno costante. La continuità della pratica di mindfulness aiuta il Clinical Therapist a porsi in modo flessibile nei confronti del gruppo, a stare nel presente e ad abbandonare, se necessario, il programma della seduta che aveva in mente per venire incontro ad urgenze e richieste dei partecipanti. Preparare le sedute non significa solo pensare ad aspetti pratici e organizzativi, ma anche predisporre la propria mente all’apertura, sospendere il giudizio e le aspettative sul lavoro accettando che, se qualcosa non va, può essere affrontato attingendo dagli insegnamenti della teoria.

Per Segal, Williams e Teasdale, l’istruttore della terapia cognitiva basata sulla mindfulness “deve considerarsi un seminatore che non sa quanto i semi richiederanno per germogliare”. Accettare che l’esito e l’efficacia della terapia sono fuori dal proprio controllo è uno degli aspetti fondamentali di questo approccio clinico.

Poiché l’obiettivo della terapia deve essere quello di prevenire il consolidarsi di patterns di pensiero negativo che possono portare alla ricaduta nella depressione, lo scopo del terapista non deve essere quello di far ottenere la felicità al paziente inducendolo ad avere pensieri positivi in opposizione alle ruminazioni depressive, bensì deve essere aiutare il paziente a raggiungere la libertà nei pensieri tramandando in lui un senso di apertura e curiosità verso i suoi pensieri negativi.

A tale fine, l’istruttore deve trasmettere all’intero gruppo un senso di curiosità attraverso il modo in cui egli stesso tratta i problemi che sorgono all’interno del gruppo.

 

MBCT Clinical Therapist come facilitatore della seduta

 

Il ruolo dell’istruttore deve essere quello di facilitatore: deve invitare i partecipanti ad aprirsi, a riflettere sulle proprie esperienze. Il Clinical Therapist deve sempre chiedere un feedback immediatamente dopo ogni pratica, deve porre domande senza pretendere risposte immediate e incoraggiare i partecipanti ad esprimere i propri dubbi nei confronti del training. Al tempo stesso egli deve essere concreto e specifico nel feedback e nelle istruzioni. Deve controllare che i pazienti svolgano il lavoro assegnato a casa con cura e dedizione e deve insegnare che la terapia non è né fonte di successo né di fallimento, ma piuttosto di crescita per la conoscenza di sé stessi in una modalità completamente nuova, talvolta disorientante e che porta con sé perplessità e paure. Per questo il Clinical Therapist deve anche saper individuare i segnali di una possibile ricaduta dei soggetti del gruppo.

Il Mindfulness Clinical Therapist deve essere in grado di guidare la meditazione e di trasmettere al proprio gruppo la capacità di sapersi relazionare in modo diverso rispetto ai propri pensieri negativi. Così, durante gli 8 incontri il focus sarà prevalentemente sull’esperienza e sul confronto.

Un’esperienza che riesca a suscitare nei partecipanti un senso di curiosità, un’esperienza che li educhi alla consapevolezza intenzionale delle sensazioni in ogni momento, fino al raggiungimento della tanto ambita libertà.

 

Insegnare La Mindfulness: Le Nuove Evidenze

A cura di Istituto Mente Corpo

Nel panorama della Mindfulness emerge chiaramente una sfida: se da un lato l’offerta di corsi cresce rapidamente, mentre la qualità di chi conduce le pratiche non riesce sempre a mantenere lo stesso ritmo. 

Per affrontare questo problema, nel tempo sono state elaborate linee guida internazionali (Kenny et al. 2020, Grifth et al. 2021) per assicurare programmi di formazione di alta qualità.

Tali linee guida includono:

  • un numero minimo di ore di formazione;
  • ritiri silenziosi regolari e obbligatori;
  • insegnamenti supervisionati;
  • sviluppo professionale continuo;
  • supervisione costante o mentorship.

1. Il primo studio sul tema 

La letteratura pregressa evidenzia l’importanza che l’insegnante incarni personalmente le qualità chiave della mindfulness (cosiddetto “Embodiment”) per garantire una trasmissione efficace e risultati positivi nei partecipanti (Khoury et al. 2017).

Gli insegnanti efficaci di mindfulness devono dunque possedere concretamente le qualità che intendono sviluppare nei loro studenti.

Un recente studio italiano (Matiz et al 2025) ha analizzato l’impatto del Corso per Istruttori di Mindfulness (CIM), organizzato dalla Scuola di Psicologia Cognitiva in collaborazione con l’Istituto Mente e Corpo e Federmindfulness, che si svolge annualmente presso l’Eremo di Monte Giove.

Il corso ha una durata di 9 mesi e prevede quattro ritiri residenziali di tre giorni ciascuno.

Ogni ritiro prevede almeno:

  • 16 ore di meditazione;
  • 5 ore di lezioni teoriche;
  • 4 ore di pratica supervisionata.

Lo studio, intitolato “Training for Mindfulness Teachers: Benefits for Mindfulness, Well-being, and Emotion Regulation” e pubblicato sulla rivista internazionale “Mindfulness”, è la prima analisi scientifica esistente degli effetti di un programma intensivo di formazione per insegnanti di mindfulness.

La metodologia dello studio ha previsto la somministrazione di questionari psicometrici:

  • A due gruppi simili per caratteristiche generali e punteggi comparabili nei test di personalità: un gruppo di trattamento (87 partecipanti al CIM) e un gruppo di controllo (63 persone non partecipanti);
  • In tre momenti diversi: all’inizio del percorso (T0), a metà percorso (T1) e a fine percorso (T2).

2. Oggetto di analisi e risultati

2.1 Abilità di Mindfulness

  • Questionario utilizzato: versione breve italiana del “Five Facet Mindfulness” (Bohlmeijer et al. 2011) che misura la consapevolezza e la presenza mentale attraverso cinque aspetti chiave, aiutando a comprendere quanto una persona sia attenta e non giudicante nel momento presente;
  • Risultati: i partecipanti al gruppo CIM hanno mostrato miglioramenti significativi rispetto al gruppo di controllo, specialmente negli aspetti di Osservare, Descrivere, Non reagire e Agire con consapevolezza.
  • Significato: questi miglioramenti confermano l’importanza di coltivare specifiche capacità di mindfulness nei programmi formativi.

2.2 Regolazione delle Emozioni

  • Questionario utilizzato: versione breve italiana dell'”Heidelberg Form for Emotion Regulation Strategies” (Izadpanah et al. 2019), che valuta come le persone gestiscono le proprie emozioni, identificando strategie utili (come l’accettazione) e meno utili (come la ruminazione);
  • Risultati: significativa diminuzione della ruminazione nel gruppo CIM rispetto al controllo;
  • Significato: questo risultato evidenzia il ruolo della mindfulness nel ridurre pensieri negativi e autocritici, sottolineando che gli istruttori devono sperimentare personalmente questi benefici durante la formazione per trasmetterli efficacemente.

2.3 Benessere Psicologico

  • Questionario utilizzato: versione italiana del “Psychological Well-being” (Ryff 1989) che, come abbiamo già spiegato in un altro articolo, misura il benessere psicologico attraverso sei dimensioni fondamentali per valutare quanto una persona si senta realizzata e in armonia con sé stessa;
  • Risultati: contrariamente al gruppo di controllo, il gruppo CIM ha mostrato miglioramenti significativi nel tempo in due dimensioni specifiche del Benessere: “Crescita personale” (ossia la percezione di un continuo sviluppo e miglioramento di sé) e “Scopo nella vita” (ossia la percezione di possedere obiettivi e di avere una direzione che dia senso alla propria vita);
  • Significato: come notano gli autori dello studio, “questo risultato è in linea con la letteratura esistente che collega la pratica della mindfulness a un miglioramento del benessere psicologico” (Khoury et al. 2015, Medina et al. 2017, Wai Chu e Mak 2019, Querstret et al. 2020).

3. Conclusioni

I risultati di questo studio confermano che l’embodiment, ossia la capacità degli insegnanti di mindfulness di incarnare personalmente le qualità della pratica – osservazione, descrizione, non giudizio e azione consapevole – è strettamente legato al loro benessere psicologico.

In altre parole:

  • L’embodiment non è soltanto un requisito tecnico, ma nasce e si alimenta da un processo interiore di crescita e di scoperta del senso della propria vita;
  • Questo suggerisce che i programmi di formazione per insegnanti dovrebbero integrare, in modo esplicito e sistematico, strategie per coltivare il benessere psicologico degli istruttori, poiché esso costituisce la radice stessa dell’efficacia pedagogica e della trasmissione autentica della mindfulness.

 


4. Bibliografia

Istituto Mente e Corpo

https://istitutomentecorpo.org/blog/item/148-insegnare-la-mindfulness-le-nuove-evidenze