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La Mindfulness nella clinica e nella psicologia del benessere

Il concetto di mindfulness deriva dagli insegnamenti del buddhismo theravada (vipassanā), dello zen (zazen), e dalle pratiche di meditazione yoga; ma solo negli Stati Uniti degli anni Settanta, questo modello è stato assimilato e utilizzato come paradigma autonomo in alcune discipline mediche e psicoterapeutiche europee e d’oltreoceano.[

Mindfulness è quindi una modalità di prestare attenzione, momento per momento, al “qui ed ora”, in modo intenzionale e non giudicante, al fine di risolvere o prevenire la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso  una maggiore consapevolezza della propria esperienza che comprende: sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni.

Migliorare questa modalità di prestare attenzione permette di cogliere, con maggiore prontezza, il sorgere di pensieri negativi che contribuiscono al malessere emotivo. La padronanza dei propri contenuti mentali e degli stili abituali di pensiero (capacità di automonitoraggio e metacognizione) permette maggiori possibilità di esplorazione, espressione e cambiamento di tali contenuti.

 

La teoria della mindfulness parte dalla riscoperta di metodi di cambiamento psicologico improntati a modalità intuitive di conoscenza di sé, in integrazione a metodi discorsivi e verbali di risoluzione dei problemi. In altri termini, prima di promuovere la messa in discussione delle convinzioni erronee o irrazionali che generano la sofferenza, il terapeuta agisce aiutando innanzitutto la persona a cambiare la relazione con i propri contenuti mentali. Si è arrivati ad osservare che gran parte della sofferenza dipende infatti dall’identificazione coi pensieri (“io sono i miei pensieri”, “i pensieri sono fatti“), mentre il primo passo verso il cambiamento avviene grazie ad un allontanamento cognitivo dalle esperienze che si impongono nel campo di coscienza (“io ho dei pensieri”, “i pensieri sono ipotesi“).

Tale cambiamento genera la capacità flessibile di operare, quando necessario, un distacco dai contenuti mentali, che consente di osservarli con maggiore chiarezza. Questo distacco diminuisce la reattività automatica che conduce ogni essere umano a profondere rapidi sforzi per evitare la sofferenza. Questi sforzi, ironicamente, possono essere di per sé apportatori di ulteriore sofferenza, poiché si basano su ideali irrealistici di “trasparenza” emotiva, rimarcano l’inaccettabilità del momento presente e pongono gli obiettivi di felicità nel futuro.

La mindfulness promuove esperienze di accoglimento del presente, di comprensione più ampia e delicata delle difficoltà e di tolleranza delle emozioni e delle percezioni negative quali esperienze da includere ed attraversare con equanimità nel proprio percorso esistenziale.

Equanime è quello stato emotivo stabile, responsivo e non reattivo, propizio alla focalizzazione dell’attenzione sul momento attuale e caratterizzato da costanza dell’umore, distacco e serenità al cospetto delle cose e dei fenomeni effimeri